Il comune della Riserva Naturale

Riserva Naturale a Mesoraca: tutte le info

La Riserva Naturale Regionale del Vergari rientra interamente nel territorio del comune di Mesoraca.

Cenni storici

Sulle origini di Mesoraca si hanno notizie frammentarie ed incerte. Le fonti che ci consentono di ricostruirne la storia sono gli scritti di noti eruditi calabresi quali Gabriele Barrio, Gerolamo Marafioti, Giovanni Fiore e Andrea Fico i quali, a loro volta, si rifanno a Stefano di Bisanzio, cronista vissuto nel VI secolo d. C.

Secondo Andrea Fico, l’antico nome della cittadina era Reazio, dall’omonimo vicino corso d’acqua, e sarebbe stata fondata dagli Enotri, antica popolazione italica, che abitava nel territorio corrispondente alla regione augustea di Lucania et Bruttium, l’attuale Basilicata e Calabria centrosettentrionale. Ignota è la data di fondazione né si sa con precisione quando sia avvenuto il mutamento onomastico. Andrea Fico riferisce ancora che dopo la prima denominazione, ne successe una seconda, Misuracion, corrispondente in latino a Mesoreacium, riferita alla sua collocazione geografica, compresa cioè tra il fiume Reazio ed il fiume Vergari.

In numerosi documenti del Settecento, comunque, il paese compare con il nome di Mesuraca e nell’Ottocento con quello di Misuraca. Ancora frammentarie sono le notizie su Mesoraca nell’antichità. Sappiamo solo, secondo quanto riferito dallo storico francese Lenormant, che i reatini (mesorachesi) si allearono con Crotone e l’aiutarono militarmente nella lotta con i Locresi per arrestare la loro espansione territoriale.

Le prime notizie certe su Mesoraca risalgono in età medievale, e più precisamente agli inizi del XIII secolo. Da documenti storici risulta retta, tra il 1200 e il 1252, dalla famiglia De Pagliara, prima Tholomeo e poi Andrea. Fece in seguito parte del poderoso complesso feudale appartenente ai Ruffo di Catanzaro e Crotone. Con ogni probabilità, venne concessa nel 1252 da Corrado IV a Pietro I Ruffo. Nel 1254 era certamente nel suo dominio e con essa, nel 1309, Pietro II Ruffo garantiva le doti della moglie. Seguì le vicende di quella compagine feudale fino al 1445, allorché, spodestato per fellonia Antonio Centelles, che aveva sposato Enrichetta Ruffo Contessa di Catanzaro e Marchesa di Cotrone, tutti i feudi già appartenuti alla famiglia della moglie ricaddero nel Regio Demanio. Nel 1462 il Centelles ne fu reinvestito dal Re Ferrante I d’Aragona e la possedette fino alla sua definitiva rovina nel 1465.

Tornata probabilmente nel demanio Regio, ne compare successivamente come suo feudatario Paolo Caivano, cui Mesoraca fu venduta il 26 agosto 1483 dal Re Ferrante d’Aragona per Ducati 6.000 onde sopperire alle spese per la difesa del Regno. Il precedente 25 luglio erano stati stipulati i capitoli matrimoniali tra Paolo di Caivano, figlio di Antonello, ed Aurelia Pontano, figlia del Segretario Regio Giovanni Pontano. Il 16 maggio 1484 il Re Ferrante I prestò il suo assenso a tali nozze e in particolare consentì che a garanzia della dote di Ducati 1.500 e dei diritti dotali fossero obbligati i beni feudali dello sposo tra cui la terra di Misuraca. Dalle sue nozze nacque un’unica figlia, Adriana, che sposando (i capitoli matrimoniali, secondo il Fabris, furono stipulati il 2 settembre 1497) Giovanni Andrea Caracciolo, gli portò in dote il feudo di Mesoraca. Dalle nozze di Giovanni Andrea Caracciolo con Adriana Caivano nacquero, oltre all’unico maschio, Paolo, anche sei femmine: Porzia, Isabella, Aurelia (ancora vivente nel 1558 e sposata nel 1525 con Francesco de Guevara Governatore d’Ischia), Antonia (nel 1566 già vedova di Diego Sandoval de Castro), Giulia, moglie di Vincenzo Cosera, e Lucrezia, monaca nel 1529 e poi badessa (1569-1572) del monastero di Donna Regina a Napoli.

Nel 1523 il Caracciolo ottenne il titolo di Marchese di Mesoraca. Cinque anni dopo, a Mesoraca scoppiò una sanguinosa rivolta antifeudale. I cittadini diedero l’assalto al palazzo marchionale e massacrarono Giovanni Andrea insieme con la moglie, il figlio e la nuora, mentre la figlia Isabella riuscì a stento a scampare alla morte. Secondo il Nola Molisi, autore nel 1649 di una Cronica della città di Crotone, “tutto questo successe perché quello li maltrattava nell’honore e nella robba senza discrettione”. Scampata fortunosamente all’eccidio del 1528, Isabella con l’aiuto di un vassallo si rifugiò in Catanzaro ove, accolta dal Viceré Pietro Alarçon y Mendoza, fu ospitata nel monastero di Santa Chiara. Nella stessa Catanzaro, che si apprestava a sostenere l’assedio sferratole contro dal Lautrec ed ove erano convenuti molti cavalieri e feudatari della regione, Isabella Caracciolo conobbe il Duca di Castrovillari Ferrante Spinelli, già vedovo di Diana Acquaviva dei Duchi di Nardò, il quale, “conclusisi quei fatti d’arme con la vittoria degli imperiali”, passò a seconde nozze con la stessa Isabella, “portandosi quindi in Misuraca” ove, “assunto il potere, cominciò a poco a poco a fare giustizia di quelli ch’erano colpevoli della morte del loro marchese, in tal maniera che, di essi in breve tempo, non rimase alcuno impunito”. Ristabilita la legalità, Isabella Caracciolo il 13 maggio 1531 ebbe significatoria di rilevio per le terre di Misuraca e Scalea, come erede di Giovanni Andrea suo padre. Nel 1550, in occasione del matrimonio del figlio Troiano Spinelli con Caterina Orsini gli refutò la terra di Mesoraca. Successore di Ferrante fu Troiano che, al pari di altri feudatari, come ad esempio il conte di Santa Severina Galeotto Carafa, popolò con l’immigrazione di profughi albanesi un piccolo territorio nei pressi del Vergari, che dal suo nome fu chiamato Vico Troiano. Nel 1566, alla morte di Troiano, Mesoraca passò al figlio primogenito Giovambattista Spinelli, a cui sono da attribuire la costruzione del convento dei cappuccini e quella del castello-fattoria in località Sant’Antonio, sulla sponda destra del torrente.

Giovambattista Spinelli visse molte situazioni conflittuali sia con l’università di Mesoraca che con la Diocesi di Santa Severina in merito ai pascoli e alle decime. Tenne il feudo fino al 1584, quando, gravato da pesanti debiti, fu costretto a venderlo all’asta su pressione dei creditori. Acquirente, per la considerevole somma di 165 mila ducati, fu il cardinale Marco Sittico Altemps, che lo comprò per il figlio Roberto. In seguito il feudo passò al nipote del cardinale Giovanni Angelo, quindi a Pietro, Giuseppe Maria I, Roberto II Aniceto, Feliciana Silva (moglie di Roberto II Aniceto), Giuseppe Maria II, Marco Sittico II. Agli Altemps il feudo di Mesoraca rimase poi fino al 1806, allorché si pose fine al sistema feudale (legge n. 130 del 2 agosto 1806).

Divisione del territorio nel 1811

Con decreto n. 922 del 4 maggio 1811, il governo francese tolse a Mesoraca i suoi tre villaggi: Marcedusa, Petronà e Arietta. I primi due diventarono comuni a sé, mentre Arietta venne aggregata a Petronà.

In conseguenza di ciò il territorio di Mesoraca, di circa 155 chilometri quadrati, venne diviso in tre parti: 15,3 chilometri quadrati andarono a Marcedusa, 45,5 a Petronà e 93,6 a Mesoraca. Con la fine del feudalesimo gli Altemps alienarono progressivamente le loro proprietà a favore dei possidenti del posto. Il 2 agosto 1812, con atto del notaio Domenico Perito, Marco Sittico Altemps, figlio di Giuseppe Maria II, vendette per 450 ducati a Giuseppe Longobucco una casa sita nel Piano della Porta, attaccata proprio a quella dell’acquirente e composta di sette alti e quattro bassi. Il 24 agosto 24 agosto 1813, con atto del notaio Bernardino Arena, Giovanni Altemps, fratello del duca, che abitava in quel periodo nel castello, cedette un annuo canone ad Antonino Bova “domiciliato nel Timpone”. Lo stesso giorno vennero venduti i tre mulini della zona Candelora, tra cui il Mulinello, a Domenico De Grazia, e il fondo denominato Albano a Giuseppe Longobucco. Il fondo Albano, che confinava con il fiume Tacina, e con i territori denominati Albanello e Diporto, venne venduto per 15.840 lire. Il 10 giugno 1822 Giuseppe Maria III Altemps cedette per sessantamila ducati a Marianna de Martino, vedova Zinzi di Catanzaro, tutto quello che era rimasto a questa famiglia del feudo di Mesoraca, tra cui il castello e il castello fattoria lungo il fiume S. Antonio.

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